Francesco
Capotorti, MORELLI E L'UNIVERSITA ITALIANA
Commemorazione del Prof. Morelli al convegno di Crotone del
1995 su il ruolo del giudice internazionale nell'evoluzione
del diritto internazionale e comunitario.
1 -
Sulla data precisa alla quale risale la mia conoscenza del Professor
Gaetano Morelli mi sono inutilmente sforzato di far piena luce
nella mia memoria. Sostenni l'esame di diritto internazionale
nell'Università di Napoli alla fine di ottobre del 1944, ma
la firma sul mio libretto (che tuttora conservo) non risulta
apposta dal Professore, sebbene egli fosse allora titolare dell'insegnamento
di diritto internazionale nella Facoltà giuridica napoletana.
La cosa si spiega a causa delle vicende travagliate di quel
terribile periodo: la possibilità di raggiungere Napoli dalla
città di Roma, dove la famiglia Morelli abitava, era già stata
seriamente ostacolata dalle sorti della guerra, che si avvicinava
allora tragicamente al suo epilogo. Perciò soltanto nell'anno
successivo - il 1945 - potei frequentare il corso di lezioni
da lui impartito; ma frattanto avevo cominciato a preparare
la mia tesi di laurea, sull'argomento dell'occupazione nel diritto
di guerra che avevo proposto al Professore, e che Egli aveva
accettato. Nello stesso anno 1945, anche a causa della tesi,
nonché delle esercitazioni che avevano avuto puntuale inizio,
le occasioni di frequentare il mio Maestro si erano moltiplicate.
Ricordo in particolare una esercitazione sulla natura della
consuetudine, con un'analisi dei diversi punti di vista sostenuti
in dottrina, che a Lui piacque. Appresi cosi a conoscerlo meglio
ed i contatti - sia personali che epistolari - sarebbero poi
rimasti regolari ed intensi, nel corso di quasi nove lustri
fino al 27 maggio del 1989, data della sua scomparsa.
2 -
Penso di essere stato chiamato, oggi, a parlare del mio amatissimo
Maestro anzitutto per dirvi che cosa Egli ha rappresentato per
l'Università italiana, e quindi per i compiti di insegnamento
e di promozione della scienza, ai quali questa istituzione è
consacrata. Una prima considerazione, di carattere generate,
va premessa all'analisi che mi propongo di fare: l'Università,
in quanto centro di studi dotato di autonomia, è fatta essenzialmente
di coloro che la compongono e vi lavorano a titolo permanente,
cioè in sostanza dei suoi Professori. Nella misura in cui questi
hanno il senso del dovere che si sono impegnati a svolgere,
ossia nella misura in cui avvertono la responsabilità della
loro carica e la necessità di anteporla a qualsiasi altro lavoro,
anzi di interpretare la loro professione come il solo lavoro
al quale ci si senta intimamente e quindi molto fortemente legati,
l'Università funziona bene e progredisce. Se i professori pensano
invece soltanto di fruire di un premio che ciascuno ha meritato
e si sentono liberi di .spendere meglio i loro talenti in attività
più remunerative, centellinando il tempo e risparmiando le loro
energie, quando si tratta di insegnare e di studiare, l'Università
non può non avvertirne le conseguenze: essa è condannata a deperire.
Il
prof. Gaetano Morelli presentava tutte le caratteristiche di
chi suole essere indicato come "un gentiluomo di altri tempi":
dove la parola "gentiluomo", è lungi dal riflettere una valutazione
di categoria sociale o di censo vuol significare soprattutto
una caratteristica di innata finezza, di temperamento naturalmente
gentile, mentre il rinvio ad altri tempi allude ad un'epoca
della quale si favoleggia, senza doverla collocare in un preciso
periodo, soltanto perché si ha rimpianto e nostalgia per tutto
quello che non è volgare, e al contrario dimostra un notevole
grado di resistenza all'imbarbarimento dei costumi. Fisicamente,
il Professore era asciutto ed elegante; poteva essere scambiato
per un tipo anglosassone. Moralmente, lo si poteva definire
severo: ossia non incline a trovare attenuanti per i contegni
scorretti, o per gli atteggiamenti poco rispettosi delle regole.
Ma la sua severità non faceva ostacolo ad una grande ricchezza
di sentimenti, che egli manifestava in particolare nell'ambito
della famiglia e dei suoi allievi.
Sulla possibilità che un carattere apparentemente severo lasciasse
spazio all'esplicazione di un temperamento affettuoso, voglio
ora far cenno di un episodio, che mi sembra sia degno di ricordo.
Ero candidato all'esame di libera docenza del 1951: un esame,
a quel tempo, non facile. Quando si seppe che io ero nel numero
degli ammessi alle prove orali, una prima gradita sorpresa fu
quella di ricevere una telefonata del prof. Morelli, il quale
mi invitava a profittare della sua ricca biblioteca, dove avrei
potuto recarmi il mattino seguente. Là avrei avuto le migliori
possibilità di preparare la mia lezione, di cui rammento il
tema: la giurisdizione obbligatoria della Corte di giustizia
delle Nazioni unite, secondo art. 36, n. 2, dello Statuto della
medesima. Infatti mi recai, alle nove, al ben noto indirizzo
di Via Lucrezio Caro 67. Ma una seconda e più lusinghiera sorpresa
mi attendeva: quando giunse l'ora del pranzo, fu lo stesso Professore
a distogliermi dalle carte fra cui mi ero volontariamente appartato,
invitandomi a dividere il pasto con lui, e con la Madre che
allora con lui viveva. In questo invito c'era una prova di fiducia,
anzi di stima: il Maestro era sicuro che il suo gesto non sarebbe
stato inteso come una tacita promessa di appoggio per la prova
che mi attendeva, ma, sapeva che io sarei stato in grado di
intendere che la sua obiettività sarebbe rimasta inalterata,
e al tempo stesso sarebbe rimasto invariato il mio rispetto
per lui.
3 -
Va ora rivolta l'attenzione alle qualità professionali del prof.
Morelli, cioè ai caratteri che più direttamente si esprimevano
nella sua attività di docente universitario. Ricordo in primo
luogo la eccezionale lucidità della sua mente: una mente di
sottile giurista, che era abituata a selezionare i fatti disponendoli
in categorie logiche e sceverandone gli elementi a seconda della
loro natura. A questa dote è da accostare subito la capacità
non comune di lavoro, e trattandosi di alto lavoro intellettuale,
esso veniva reso possibile dal concorso di due elementi: un'attitudine
sistematica la quale si avvertiva in tutti i suoi scritti, ed
uno scrupoloso rigore delle argomentazioni.
Ancora
oggi, se qualcuno mi chiede i motivi per i quali continuo a
suggerire agli studenti, per la preparazione dell'esame, di
usare le Nozioni del Professor Morelli - sebbene sia
un libro la cui ultima edizione è del 1967 - rispondo con certezza
che nessun testo successivamente apparso può eguagliare quello
morelliano, dal punto di vista dell'ordine sistematico e della
esattezza del linguaggio, la quale è indice di assoluto rigore.
E' mia abitudine ripetere, a proposito di quest'opera, l'osservazione
seguente: che anche quando chi se ne serve ha una conoscenza
approssimativa della materia, si rende presto conto di avere
a sua disposizione una serie di preziosi punti di riferimento,
tali da facilitare l'orientamento e da consentire la soluzione
di qualsiasi problema che successivamente si tratti di affrontare.
Due
altri aspetti del carattere del prof. Morelli, che possono egualmente
includersi fra le sue qualità professionali, consistevano nell'indipendenza
delle sue valutazioni e nell'abitudine di rispettare pienamente
la libertà altrui. La vita di un maestro implica ripetutamente
la necessità di valutare i comportamenti - quelli degli studenti,
degli allievi, dei cultori della stessa disciplina -: ciò richiede
una profonda dirittura morale, un colpo d'occhio sicuro, un
costante interesse per ogni genere di nuovo problema, una inesauribile
pazienza ed insieme una modestia capace di mantenere sempre
viva la vigilanza critica (che genera il benefico senso del
dubbio) circa i risultati di ogni valutazione. Ho detto in tal
modo come debba presentarsi ed agire un vero maestro: ho detto
al tempo stesso in che modo si presentava ed agiva il prof.
Morelli. Nell'occasione, ripetuta fino a diventare banale, degli
esami universitari - ai quali potetti assistere per anni accanto
a lui - non ricordo un solo caso in cui Egli avesse manifestato
impazienza, o profittato del colloquio con lo studente per fare
avvertire la sua superiorità; non un solo caso in cui avesse
derogato al principio della correttezza più assoluta o messo
volontariamente il candidato in difficoltà. D'altra parte il
rispetto dimostrato verso lo studente veniva di solito ricambiato:
è ben difficile che, quando si instaura e si mantiene un clima
di reciproco rispetto, la lesione di tale clima si debba alla
colpa di chi viene definito con linguaggio giuridico la "parte
debole".
Ho
detto che le valutazioni di un maestro devono essere indipendenti:
cioè non devono esser turbate da fattori estranei alla prova
di cui si tratta, nè dalla convinzione di avere un debito da
pagare. L'indipendenza può facilmente esser messa a rischio
dalla prospettiva di un vantaggio, che un contegno diverso può
assicurare o facilitare. Anche sulle dimostrazioni che ho avuto,
dello spirito indipendente in cui assumeva le sue decisioni
il prof. Morelli, ho un piccolo episodio da raccontare. Nell'imminenza
della mia vittoria nel concorso a cattedra, avevo volentieri
accettato un incarico di insegnamento a Messina, da cui traspariva
implicitamente la favorevole disposizione a chiamarmi in quella
Università. Senonché la liberazione del posto di ruolo che mi
sarebbe stato destinato dipendeva dal trasferimento in altra
sede di un ordinario messinese, e questo trasferimento, implicando
un cambiamento di materia, richiedeva a sua volta il consenso
del Consiglio Superiore della Pubblica Istruzione. Del Consiglio
era membro influente il prof. Morelli. Questi però non ritenne,
giustamente geloso com'era della sua indipendenza di valutazione,
di potersi schierare a fianco di chi favoriva il trasferimento.
Risultato: il voto del Consiglio fu negativo ed il posto di
ruolo a Messina rimase di conseguenza bloccato. Sfumò in tal
modo la mia illusione di un inizio di carriera siciliana, ma
ebbi un motivo in più per ammirare l'assoluta libertà di giudizio
del mio Maestro.
Ho anche detto che un autentico maestro è caratterizzato dal
rispetto della libertà altrui: e s'intende, della liberta scientifica
prima di tutto. La nostra vita universitaria a intristita -
forse direi meglio: è stata sempre intristita - dal miserando
spettacolo di professori, talora anche autorevoli e validi sul
terreno delle idee, i quali esigono di essere favorevolmente
citati dai rispettivi allievi e fanno dipendere il loro progresso
in carriera dalla quantità degli apprezzamenti con cui gli allievi
medesimi contribuiscono alla fama del Maestro. In verità, qualora
non avessi tanti altri e numerosi motivi di riconoscenza nei
confronti del mio Maestro, gli sarei grato per questa buona
ragione: per avermi insegnato col suo esempio come si possa
giungere ad un livello altissimo di considerazione restando
costantemente rispettosi delle idee che altri studiosi esprimono,
anche e soprattutto se esse non coincidono con quelle da cui
si è partiti.
4 -
Sulle tappe dell'operosa vita del prof. Gaetano Morelli, già
si è soffermato - con una ammirazione cosi affettuosa da doversi
dire partecipe, e non solo riverente - l'altro e più giovane
allievo del Maestro, che ha l'orgoglio di esserne continuatore
insieme a Vincenzo Starace nell'impegno di portare avanti la
Rivista di diritto internazionale: voglio dire il prof.
Giorgio Gaja. Con lui ricordo quindi in primo luogo i momenti
salienti della vita universitaria del comune Maestro: dalla
breve sosta iniziale ad Urbino, che lo vide professore incaricato
nel 1927, al suo passaggio all'Università di Modena, dove andò
come vincitore di concorso a cattedra nel 1932, poi a quella
di Padova (dall'anno successivo al 1935), e successivamente
alla Facoltà napoletana, in cui succedette al prof Arrigo Cavaglieri.
Nel 1951, Morelli fu trasferito all'Università di Roma, dove
la cattedra di diritto internazionale era stata gia coperta
da Dionisio Anzilotti, del quale lo stesso Morelli era stato
discepolo, a più recentemente da Tommaso Perassi.
Ogni
tappa di questo percorso fu segnata da pubblicazioni importanti.
Nella fase urbinate, vide la luce la monografia su La sentenza
internazionale (che è del 1931), la quale inaugurò degnamente
la collana degli Studi di diritto pubblico diretti da
Donato Donati. Sulla natura giuridica della sentenza e sulla
posizione giuridica del giudice, sulla norma strumentale che
conferisce efficacia alla sentenza medesima, sui suoi effetti
e sulla sua validità, il giovane Morelli prese allora una posizione
che avrebbe avuto ragione di ribadire molti anni dopo: anzitutto
nella recensione a due scritti critici di Balladore Pallieri
(apparsa nella Rivista di diritto internazionale del
1932), a poi nel Suo corso sulla teoria generale del processo
internazionale, tenuto all'Accademia di diritto internazionale
dell'Aja nel 1937, e ancora nelle Nozioni di diritto internazionale,
edizione 1951 e seguenti, infine nel ciclo di lezioni romane
sulla soluzione pacifica delle controversie internazionali,
del 1970 (apparse nel 1991, a cura della collega Maria Rita
Saulle). Non c'e dubbio che l'argomento meriti di essere considerato
"fra i più centrali della scienza del diritto internazionale",
come lo stesso Morelli affermò nel 1932, ma è il caso di aggiungere
che esso rimase costantemente oggetto della sua attenzione -
insieme al tema strettamente connesso delle controversie internazionali
- come dimostrano i numerosi scritti che vi si connettono, ormai
raccolti negli Studi sul processo internazionale (che
sono del 1963) a nei Nuovi studi sul processo internazionale
(pubblicati net 1972).
Al
periodo urbinate risalgono egualmente due scritti di una certa
ampiezza: uno del 1929 sul Trattato fra l'Italia e la Santa
Sede - che compie una perspicua analisi della posizione internazionale
della Santa Sede a seguito delle intese lateranensi - l'altro
del 1932, che tocca il problema delle norme dispositive nel
diritto internazionale. Rappresenta invece la prolusione al
corso di diritto internazionale di Modena l'articolo su " L'adattamento
del diritto interno al diritto internazionale in alcune recenti
Costituzioni ": articolo che fornisce al suo Autore l'occasione
di ribadire, sulla base delle norme costituzionali prese in
esame, la dottrina della separazione fra diritto interno e diritto
internazionale. Una nuova prolusione - questa volta al corso
padovano di diritto internazionale, che viene inaugurato il
20 novembre 1933 - riguarda, a brevissima distanza di tempo,
un impegnativo argomento di teoria generale, che sistematicamente
appartiene all'ambito del diritto internazionale privato: quello
relativo al tema dei " Limiti dell'ordinamento statale e limiti
della giurisdizione ". In questo scritto, Morelli assume una
posizione, ampiamente argomentata, per confutare la teoria secondo
cui i limiti di efficacia dell'ordinamento italiano coinciderebbero
con la sfera delle liti componibili dello Stato italiano (ai
sensi degli articoli 105 a 106 del vecchio codice di procedura
civile). La tesi difesa dal prof. Morelli consisteva invece,
fin da quello scritto, nel sostenere l'universalità delle norme
del nostro ordinamento nella materia che è oggetto del diritto
privato. L'insegnamento presso l'Università di Padova si accompagna
pure ad un articolo sulla condizione giuridica degli agenti
diplomatici di nazionalità italiana, accreditati presso la Santa
Sede, il quale completa, su di un punto particolare, lo scritto
già dedicato nel 1929 ai problemi sollevati dal Trattato lateranense.
E'
al periodo napoletano della carriera universitaria del prof.
Morelli che devono poi ascriversi i contributi più significativi
sia al campo del diritto internazionale c.d. pubblico, sia al
settore del diritto internazionale privato largamente inteso.
Questi contributi procedono in modo parallelo, con grande ricchezza
di svolgimenti e di sviluppi. Il 2 dicembre 1935, l'Autore affrontò
il tema dell'ordinamento internazionale di fronte alle nuove
situazioni di fatto, scelto come oggetto della prolusione al
corso da lui impartito nell'Università di Napoli: uno scritto
che reca per cosi dire una definitiva conferma di una sua importante
scelta metodologica, a favore della necessità di svolgere un'analisi
giuridica basandosi su dati essenzialmente formali. In effetti,
l'argomento relativo al modo in cui il sistema del diritto internazionale
adatta le proprie norme alle situazioni concrete, man mano che
esse si modificano, viene trattato soffermandosi sui procedimenti
di produzione giuridica come strumenti di ricambio, e quindi
anzitutto sull'accordo (che diventa oggetto di controversie
politiche) e sui modi di ottenerne la modifica (ivi compreso
l'uso della forza). Sono specialmente memorabili le pagine consacrate
a quegli accordi con i quali si era tentato di eliminare la
guerra come istituto giuridico internazionale, accompagnate
dal rilievo che in molti di tali accordi (ivi compreso il Patto
della Società delle Nazioni) non si era tenuto conto del necessario
rapporto fra divieto della guerra e istituzione di un diverso
procedimento, atto a risolvere tutti i conflitti per i quali
tale divieto è stabilito. Segue l'esame dei procedimenti intesi
a promuovere la conclusione degli accordi, dei procedimenti
secondari di produzione giuridica, delle sentenze dispositive;
e si arriva cosi a concludere che il progresso dell'ordinamento
internazionale dipende dallo sviluppo di quegli espedienti che
tendono a superare le difficoltà di funzionamento dell'accordo;
facilitandone la formazione ovvero sostituendo all'accordo procedimenti
diversi per il ricambio delle norme.
Due
anni dopo, Morelli impartisce all'Accademia dell'Aja il suo
già citato corso sulla teoria generale del processo internazionale.
Ma particolarmente notevole è il fatto che l'intenso impegno
manifestato nel prendere posizione su alcuni dei più delicati
problemi della vita di relazione fra gli Stati non distoglie
il nostro Autore dall'approfondire al tempo stesso le questioni
centrali del diritto processuale civile internazionale. Il volume
a ciò dedicato (nell'ambito del Trattato di diritto internazionale
edito a cura di Prospero Fedozzi a Santi Romano) è infatti del
1938; ed è un'opera che nel 1939 venne ritenuta degna di esser
coronata col Premio Chiovenda: una distinzione particolarmente
meritata da chi aveva dato prova di seguire da vicino le orme
del Maestro del diritto processuale, disponendo per la prima
volta in ordine sistematico una materia di confine e anticipando
molte soluzioni, delle quali la giurisprudenza avrebbe consacrato
la validità.
Gli anni quaranta sono il periodo in cui si consolida e si affina,
su tutti i problemi fondamentali, l'insegnamento del prof. Morelli.
Appaiono infatti, nel 1941, le Lezioni di diritto internazionale
privato alle quali erano destinati a seguire, ed infatti
subentrano gli Elementi di diritto internazionale privato,
le cui dodici edizioni coprirono gli anni dal 1945 al 1986.
Il segreto del successo di questo piccolo libro sta nell'avere
felicemente coniugato il massimo della concisione con il massimo
della precisione: non si esagera dicendo che la giurisprudenza
italiana di diritto internazionale privato ha seguito per quasi
cinquant'anni gli indirizzi tracciati dal prof. Morelli. Nel
1943 furono a loro volta pubblicate le Nozioni di diritto
internazionale, riapparse successivamente in sette edizioni
fino al 1967: un manuale le cui idee fondamentali furono più
tardi trasfuse nel Cours général de droit international
public, impartito all'Accademia dell'Aja nel 1956.
Nel
periodo romano, svoltosi dal 1951 al 1989, si collocano infine,
oltre al già menzionato Cours général, anche la seconda
edizione (interamente rifatta nel 1954) del Diritto processuale
civile internazionale - opera che era stata tradotta in
lingua spagnola nel 1953 e pubblicata a Buenos Aires - e le
tre citate ricche raccolte di studi: una sul diritto processuale
civile internazionale, apparsa nel 1961, e le altre due sul
processo internazionale, che recano le date del 1961 e del 1963.
Vale la pena di notare che la prima raccolta comprende, nell'arco
di quasi cinquecento pagine, ben cinquanta lavori, i quali riguardano,
per la più gran parte, i temi dei limiti della giurisdizione
e dell'efficacia degli atti processuali stranieri; altri ventidue
lavori figurano nella raccolta dedicata al processo internazionale.
Tuttavia, questi ultimi scritti non hanno sempre il carattere
di contributi scientifici nel senso stretto dell'espressione
(non possono, cioè, dal punto di vista della loro origine a
dei loro intenti, qualificarsi come scritti " puramente scientifici
") perché includono alcuni lavori che, per conformarsi al linguaggio
sempre preciso dell'A., " si ricollegano alla pratica giudiziaria
": una plaidoirie davanti alla Corte internazionale di
giustizia (tenuta, nell'interesse del Nicaragua, nel caso della
sentenza arbitrale del Re di Spagna), e sette opinioni allegate
ad altrettante sentenze della medesima Corte.
Da
ultimo, va detto che si farebbe torto alla eccezionale laboriosità
del prof. Morelli, se si trascurasse di ricordare l'attività
scientifica che Egli svolse negli ultimi sedici anni della sua
vita. Fu nel 1973 che Egli ebbe la gioia di presiedere a Roma
la 56a sessione - quella del centenario - dell'Institut de
droit international: in tale occasione Egli pronunciò un
memorabile discorso inaugurale. L'anno seguente affrontò il
tema degli aspetti processuali dell'invalidità dei trattati,
e dopo una finissima analisi delle norme della Convenzione di
Vienna, giunse alla conclusione che tale Convenzione, salvo
il caso di un contrasto del trattato col jus cogens,
fa affidamento sulla collaborazione tra le parti per accertare
preventivamente l'invalidità o la validità di un trattato. Nel
1977 Egli riprese un argomento al quale la Sua attenzione si
era molto spesso rivolta, scrivendo (per gli Studi in onore
di Liebman) su "Controversia internazionale, questione, processo":
stavolta, dimostrando una sottigliezza fuori del comune nel
descrivere i rapporti tra controversia e questione, relativamente
ai diversi tipi di processo internazionale, Egli spinse la propria
capacità classificatoria ad una precisione che si sarebbe tentati
di qualificare chirurgica. Il prediletto tema della natura delle
controversie ritorna nel breve saggio su "L'elemento della controversia,
nell'affare degli ostaggi americani in Iran": qui l'A. dà una
nuova prova della sua singolare capacita di operare con la fredda
anatomia dei concetti, anche là dove sono in gioco temi di scottante
attualità. Fra il 1982 e il 1984 il pensiero del Maestro si
sofferma sull'intervento nel processo internazionale, al quale
sono dedicate talune " Note ", nella Rivista di diritto internazionale,
seguite da un saggio in onore del Giudice Manfred Lachs e da
un nuovo articolo sul controllo della Corte internazionale di
giustizia circa l'ammissibilità dell'intervento in causa. Va
segnalato come le predette note forniscano a Morelli l'occasione
di correggere ed aggiornare un punto di vista espresso cinquant'anni
prima, dando ancora una dimostrazione dell'estremo scrupolo
con il quale Egli sottoponeva a verifica le idee gia manifestate.
Del 1987 è il saggio sulla nozione di sentenza internazionale
dichiarativa, che figura negli Studi in onore di Roberto
Ago, saggio il cui aspetto di novità sta nell'avere considerato
il caso di un processo che si limita alla questione circa il
vigore e la portata di una norma o di un principio generale.
La produzione scientifica del nostro Autore si conclude infine
con uno scritto su " La protezione internazionale dei diritti
dell'uomo in Capograssi ", che apparve in un volume del 1990;
ed è degno di singolare ricordo il fatto che, essendo vicino
a separarsi dalla vita terrena, il prof. Morelli abbia rivolto
il suo pensiero al grande filosofo ed amico, cui lo aveva legato
una quotidiana consuetudine di affetti e di idee.
5 -
Su tre altri aspetti dell'attività del Maestro questa relazione
deve soffermarsi, se non vuole correre il rischio di apparire
gravemente lacunosa, anche perché l'impegno universitario è
alla base di almeno due di queste attività. Il loro svolgimento
occupò infatti molto posto nell'esistenza del prof. Morelli,
specialmente nei suoi anni maturi: voglio parlare anzitutto
della sua collaborazione alla Rivista di diritto internazionale,
poi della sua partecipazione all'Institut de droit international,
ed infine della sua opera come giudice internazionale.
Il
primo contributo scientifico che Morelli dette alla Rivista
fu inserito nel primo volume della terza serie che si aprì con
il 1921, e che segnò una importante novità nella vita della
pubblicazione: l'ingresso come condirettori dei professori Cavaglieri
e Perassi, i quali si aggiunsero al prof. Anzilotti e al Ministro
plenipotenziario Ricci Busatti. Proprio nel volume del 1921
apparvero difatti quelle Considerazioni sulle funzioni amministrative
delle rappresentanze all'estero che sono poste all'inizio
di ogni bibliografia del Maestro, e che furono seguite nel 1924
e nel 1927 da tre scritti di diritto processuale civile internazionale,
oggi ripubblicati negli Studi relativi alla medesima
materia, raccolti nel 1961. Ma il 1927 fu anche l'anno di stampa
del Repertorio generate della Rivista relativo al periodo
1906-1925, che costituì un riordinamento alfabetico di tutta
la materia contenuta nei volumi del primo ventennio della
Rivista (e quindi della dottrina, della giurisprudenza e
degli atti internazionali): Repertorio compilato "dall'Avv.
Gaetano Morelli", evidentemente ancor prima che Egli avesse
assunto la qualità di professore incaricato nell'Università
di Urbino. E' facile riscontrare, in questa paziente ed umile
testimonianza del fortissimo legame che già allora Egli sentiva
per la Rivista, una delle prime dimostrazioni della Sua
capacità sistematica e della Sua attitudine ad una meticolosa
classificazione.
Dal
1927 al 1936, la bibliografia del prof. Morelli si arricchisce
di ben ventinove titoli, sette dei quali sono pubblicati sulla
Rivista. Nel 1936 viene creato un Comitato di redazione
di cui Morelli è chiamato a far parte, insieme ad Ago, Baldoni,
Balladore Pallieri, Bosco. Sopravvengono poi gli anni della
guerra, e nel 1943 la pubblicazione della Rivista s'interrompe.
Il 1953, anno della ripresa, vede Morelli, accanto a Perassi
a ad Ago, chiamato a comporre la nuova Direzione, della quale
naturalmente sarà membro fino alla Sua scomparsa.
Per
rievocare l'opera svolta da Morelli alla guida della Rivista,
nulla può valere meglio delle commosse parole dedicateGli dalla
Direzione al momento del Suo distacco. Cito un brano di quanto
fu scritto in memoria Sua nel primo fascicolo del 1989: " da
quando era divenuto direttore responsabile, egli non solo si
dedicava attivamente alla ricerca degli articoli e delle note
da inserire nelle diverse sezioni di fascicoli, ma si dava carico
del compito di leggere tutti gli scritti che venivano mandati
per la pubblicazione, di curare personalmente alcune rubriche,
di redigere con impareggiabile maestria le massime delle sentenze
della Corte internazionale di giustizia che faceva apparire
con assoluta tempestività, di effettuare lui stesso la maggior
parte delle recensioni delle opere ricevute, di sobbarcarsi
anche a lavori apparentemente umili, quali la correzione e la
rilettura delle bozze, con una cura che ha non poco contribuito
a fare di questa Rivista un modello di esattezza a di
proprietà di linguaggio.
Sulla
partecipazione del prof. Morelli all'Institut de droit international,
basterà che io dica ciò che mi sembra essenziale: il fatto di
essere accolto fra i componenti di questo Istituto non solamente
era stato da lui stesso apprezzato, come prova dell'alta stima
di cui era oggetto da parte della comunità internazionale degli
studiosi, ma era stato interpretato come una nuova occasione
di contribuire al progresso del diritto internazionale con l'operosità
e il rigore che erano inseparabili dalla Sua presenza. Eletto
membro associato nel 1950, Egli era divenuto ordinario nel 1959,
e successivamente era stato eletto membro onorario nel 1983:
una distinzione, è il caso di notare, riservata a pochissimi.
Nel 1973, in qualità di Presidente, Egli aveva accolto i Suoi
consoci a Roma, rievocando nel discorso inaugurale l'opera dei
fondatori dell'Institut, fra i quali Pasquale Stanislao Mancini.
Nel discorso commemorativo tenuto alla seduta di Santiago di
Compostella, il Segretario generate dell'Institut - che era
allora il prof. Valticos - aveva giustamente messo in rilievo
i tre motivi per i quali Morelli era stato grandemente ammirato
ed amato: la Sua grande scienza, la notevole finezza e l'estrema
gentilezza.
Circa il ruolo di Morelli come esperto del processo internazionale,
e come giudice internazionale, altri - e in particolare l'Amico
prof. Ziccardi - avrà modo di soffermarsi, dopo di me. Io desidero
soltanto ricordare che, prima di comparire dinanzi alla Corte
internazionale di giustizia, in qualità di difensore del convenuto
Nicaragua, nel settembre 1960 - per il caso della sentenza arbitrate
del Re di Spagna - Egli era stato giudice ad hoc della medesima
Corte nel caso dell'oro monetario della Banca d'Albania (1954).
Fu poi eletto giudice dal Consiglio di sicurezza e dall'Assemblea
Generate delle Nazioni Unite per il periodo 1961-1970. Desidero
inoltre aggiungere che gli anni dedicati all'attività giudiziaria
non potrebbero in alcun caso considerarsi come sottratti al
lavoro scientifico del nostro Autore, non soltanto perché questo
lavoro prosegui, nel periodo di cui si tratta, con pari intensità
(e va tenuto egualmente conto, come sempre, dell'impegno nella
Rivista di diritto internazionale, nonché della ininterrotta
partecipazione all'Institut), ma anche e soprattutto
perché due fattori rimasero inalterati a garantire tale intensità:
vale a dire la particolare preparazione del prof. Morelli nel
campo dei problemi del processo internazionale, e la naturale
attitudine del Suo carattere a condividere fino in fondo le
scelte di imparzialità e di rigore che caratterizzano il ruolo
del giudice.
In
definitiva, la scomparsa del prof. Morelli ha irrimediabilmente
impoverito la scienza del diritto internazionale, e l'Università
italiana. Siamo tanto più indotti a rimpiangerlo, in quarto
sappiamo di non poterlo sostituire.
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