Giorgio
Gaja, GAETANO MORELLI (da Rivista
di diritto internazionale, 1990)
1. Gaetano Morelli è stato senza dubbio una delle personalità
di maggior rilievo fra i giuristi italiani del nostro secolo.
Tale rilievo non risulta soltanto dai riconoscimenti prestigiosi
che gli sono stati attribuiti: fra i più significativi, la
successione a Tomaso Perassi nella cattedra di Diritto internazionale
della
Facoltà giuridica romana, l'elezione a giudice della Corte
internazionale di giustizia e la nomina quale presidente dell'Institut
de droit
international per la sessione del centenario. Egli è stato
uno dei maggiori esponenti di un modo di affrontare i problemi
giuridici
che si potrebbe definire oggettivo, per il fatto che nell'analisi
di norme e nella ricostruzione di principi sono deliberatamente
espunte considerazioni di ordine politico e sociale, anche
al fine di escludere qualsiasi incidenza di valutazioni personali
dell'autore. E' un metodo, questo, che ha caratterizzato una
delle stagioni più importanti della cultura giuridica italiana,
ma che forse trova proprio nell'opera di Morelli l'applicazione
più compiuta. La sua forte personalità scientifica, caratterizzata
sopratutto da una elevata capacità sistematica e dal rigore
delle sue argomentazioni, sempre sobrie e precise, ha segnato
in modo inconfondibile i suoi scritti. Egli è stato diffusamente
considerato, in Italia e all'estero, come uno studioso di
altissimo
livello, uno dei pochi il cui pensiero è un essenziale punto
di riferimento.
All'attività scientifica Morelli si è applicato con passione
e con dedizione esemplare. Buona parte della sua giornata era
dedicata alla riflessione su problemi giuridici; egli ne elaborava
mentalmente la soluzione al punto da poter quindi raccogliere
il risultato delle sue meditazioni in pagine vergate con tratto
sicuro, senza correzioni. Questa attività è continuata sino
a quando, negli ultimi anni di vita, una malattia agli occhi
gliela aveva impedita: aveva cercato tuttavia di proseguire,
facendosi leggere scritti altrui e dettando le sue ultime pagine.
Gli è stato così possibile curare sino alla fine la pubblicazione
dei fascicoli della Rivista, per la quale aveva esaminato, per
circa trent'anni, quasi tutti i dattiloscritti inviati alla
direzione, valutando con sicurezza di giudizio la qualità e
la nitidezza delle argomentazioni e l'entità del contributo
critico, nel pieno rispetto della libertà di pensiero degli
autori. Lo stesso metro egli adoperava nell'esaminare le opere
degli allievi, accomunati perciò, più che da uniformità di interessi
o anche di impostazione, dalla ricerca, nello svolgimento delle
proprie argomentazioni, di un rigore del quale l'opera del maestro
offriva un modello ineguagliabile.
2.
Nella prima e nell'ultima parte della sua lunga ed intensa
attività
scientifica, Morelli ha dedicato il suo studio sopratutto al
processo internazionale. Anche il suo ultimo corso universitario
è stato una trattazione di questa problematica giuridica. Lo
stesso tema è stato quindi opportunamente scelto come oggetto
dell'importante raccolta monografica offertagli da un folto
gruppo di studiosi nel momento in cui lasciava l'insegnamento
(Il processo internazionale. Studi in onore di Gaetano
Morelli, Comunicazioni e studi, vol. XIV, 1975).
Alla sentenza internazionale egli dedicò il suo primo volume,
che aprì la collana degli " Studi di diritto pubblico " diretta
da Donato Donati. Morelli vi svolge la tesi che la sentenza
internazionale è un fatto giuridico che produce effetti sulla
base di un accordo internazionale. Il libro è ricco di indicazioni
per la soluzione di molti problemi giuridici attinenti al
processo
internazionale. In questo volume e nella trattazione di più
ampio oggetto svolta all'Accademia dell'Aja (La théorie
générale du procès international, in Recueil
des cours, 1937,
III, p. 257 ss.) egli si sofferma in particolare sulla questione
della validità della sentenza internazionale, considerando
che la soluzione è legata al contenuto della norma strumentale
che attribuisce efficacia alla sentenza. Il tema è stato,
molti anni dopo, al centro della causa dinanzi alla Corte
internazionale
di giustizia nella quale Morelli, difendendo il Governo del
Nicaragua, ha sostenuto la nullità assoluta di una sentenza
arbitrale resa dal Re di Spagna e l'inesistenza, in concreto,
di una acquiescenza: ciò in piena coerenza con le proprie considerazioni
teoriche, sulle quali del resto non aveva mancato di svolgersi
fra le parti una discussione. La Corte seguì la stessa impostazione
di Morelli nel valutare la questione della validità della
sentenza arbitrale, pur giungendo per considerazioni di fatto
ad una
diversa conclusione.
Morelli aveva già vissuto una felice esperienza giudiziaria,
quale giudice ad hoc designato dall'Italia nell'affare dell'Oro
monetario della Banca d'Albania. In questa causa si erano poste
delicate questioni processuali e la Corte aveva definito il
procedimento accogliendo l'eccezione di difetto di giurisdizione
proposta dall'Italia, Stato attore malgré lui. Non v'è
dubbio che per il formarsi di questa decisione Morelli abbia
svolto un ruolo particolarmente importante, così come lo esercitò,
una decina di anni più tardi, quale giudice a pieno titolo,
rispetto alla discussa pronuncia che negò l'esistenza di un
interesse giuridico della Liberia e dell' Etiopia a far valere
la violazione degli obblighi posti al Sud Africa dal mandato
per l'Africa del Sud-Ovest. In questa sentenza la Corte si fondava
su un'argomentazione svolta nell'opinione dissidente di Morelli
relativa alla sentenza sulle eccezioni preliminari nella medesima
causa. In altre vicende giudiziarie il ruolo di Morelli è stato
forse minore; del resto egli non si sentiva investito del compito
di raccogliere attorno a sè una maggioranza ed era geloso della
propria indipendenza, per profonda convinzione morale. La sua
attività quale giudice ci ha lasciato alcune importanti opinioni
individuali e dissidenti nelle quali sono sopratutto affrontate,
con nitidezza di svolgimenti, questioni di diritto internazionale
processuale: veri a propri studi occasionati da procedimenti
dinanzi alla Corte e perciò raccolti dall'autore, insieme con
altri scritti, nei volumi Studi sul processo internazionale
(1963) e Nuovi studi sul processo internazionale
(1972).
Tra i vari temi affrontati ricorre, con progressivo affinamento
delle soluzioni, la questione del concetto di controversia internazionale.
Si tratta di un argomento apparentemente di natura teorica,
ma in realtà ricco di implicazioni per l'esercizio della funzione
giurisdizionale da parte della Corte. La tesi, sostenuta da
Morelli, secondo la quale, perché esista una controversia, debbono
esservi atteggiamenti contrastanti fra le parti rispetto ad
un loro specifico conflitto di interessi, determina senza dubbio
una delimitazione significativa della funzione giurisdizionale.
Ne risulta che non è, ad esempio, sufficiente l'espressione
da parte di Stati di posizioni divergenti nell'Assemblea generate
a proposito della violazione di un obbligo che non determina
il sacrificio di un interesse proprio di uno di questi Stati.
A favore di questa soluzione si potrebbe far valere la considerazione
che la procedura dinanzi alla Corte non è strutturata in modo
idoneo perché la Corte possa provvedere ad accertare violazione
di obblighi che concernono, nel caso concreto, non soltanto
gli Stati parti del procedimento, ma un gruppo ampio di Stati
o l'intera società internazionale.
3.
Nell'ampia produzione di Morelli relativa a temi di diritto
internazionale diverse da quelle attinenti al processo internazionale
spiccano le trattazioni generali in lingua italiana (Nozioni
di diritto internazionale, la cui settima edizione reca
la data 1967) ed in lingua francese (Cours général de
droit international public, in Recueil des cours,
1956, I, p. 441 ss.). Queste opere sono incentrate sull'analisi
delle
fonti del diritto internazionale e della tematica dei soggetti
e della loro organizzazione. Le Nozioni contengono
tuttavia un esame anche di altri temi, in particolare del
fatto
illecito e della responsabilità internazionale e, nella parte
finale, della soluzione delle controversie internazionali.
La
sistematica delle trattazioni segue da vicino, pur con significative
varianti, quella del Corso di diritto internazionale
di Dionisio Anzilotti, il maestro di Morelli. Certamente l'opera
di Anzilotti può essere considerata, insieme alle Lezioni
di diritto internazionale di Tomaso Perassi, il modello
al quale sono ispirate le Nozioni. Le Nozioni
costituiscono il punto di arrivo di un'alta tradizione scientifica,
talora indicata come "scuola romana". Nel volume di Morelli
è costante la preoccupazione del costruire un sistema nel quale
la trattazione dei singoli argomenti trova il più idoneo inquadramento,
con una attenzione rivolta più alla coerente applicazione
della concezione normativista ed alla classificazione dei
fenomeni
giuridici che non alla descrizione ed alla valutazione della
prassi. La capacità sistematica di Morelli, che si riflette
anche in una raffinata precisione di linguaggio, trova
in quest'opera
probabilmente la sua più compiuta espressione.
Non mancano nelle Nozioni contributi di rilievo su
questioni generali e su temi specifici; nell'indicarne alcuni,
a titolo di esempio, si compie una scelta che riflette sopratutto
le valutazioni di chi la propone. Mi limiterò a ricordare la
configurazione del " principio generate del rispetto della organizzazione
degli Stati stranieri ", con i'enunciazione delle relative conseguenze
in tema di trattamento degli organi di Stati stranieri, e, rispetto
all'attribuzione allo Stato della condotta di individui, la
costruzione di un riferimento dell'ordinamento internazionale
all'organizzazione di fatto dello Stato. Le conseguenze che
da questa soluzione sono desunte a proposito della competenza
a stipulare trattati offrono una indicazione più chiara e coerente
di quelle enunciate, più tardi, in modo sostanzialmente corrispondente,
nell'art. 46 della Convenzione di Vienna sul diritto dei trattati.
4.
La capacità sistematica di Morelli è all'origine anche
della grandissima diffusione del suo volumetto Elementi
di diritto internazionale privato italiano, giunto nel 1986
alla dodicesima edizione. Nella sua parte generale, l'opera
riflette le acquisizioni della prevalente dottrina italiana
di diritto internazionale privato, in particolare la costruzione
delle norme di conflitto come norme che richiamano il diritto
straniero, attribuendo efficacia alle norme straniere sulla
produzione giuridica (il punto di riferimento principale appare
la Teoria del diritto internazionale privato di Roberto
Ago), ma l'opera costituisce un ripensamento della materia del
tutto personale, che offre importanti contributi originali:
ad esempio, in tema di controllo della costituzionalità delle
norme straniere richiamate (oggetto anche di uno specifico studio
inserito nella raccolta dedicata a Perassi). Negli Elementi
Morelli si sofferma particolarmente sulle implicazioni della
concezione del diritto internazionale privato come avente, appunto,
una funzione "estroversa".
La trattazione è completata da un esame sintetico, ma tendenzialmente
esauriente e tutt'altro che superficiale, delle norme italiane
di diritto internazionale privato. Quest'esame, che comprende
valutazioni critiche delle principali opinioni altrui, ha
certamente
contribuito al successo dell'opera, che non solo è stata utilizzata
come testo per la preparazione agli esami nella maggior parte
delle Università italiane, ma ha anche avuto un larghissimo
seguito nella giurisprudenza. Benché siano rari i riferimenti
a sentenze, il volumetto ha anche il carattere di una prima
guida al modo nel quale operano in concreto le norme italiane
di diritto internazionale privato, proprio perché la giurisprudenza
vi si è largamente ispirata. Gli Elementi godono
tuttora di notevole fortuna, che sarebbe probabilmente
ancora più ampia
se la trattazione della parte speciale non fosse superata in
alcuni punti dall'evoluzione normativa e dalle due recenti
sentenze
della Corte costituzionale relative agli articoli 18 e 20 disp.
prel.
5.
Sino alla pubblicazione, neI 1961, della raccolta intitolata
Studi di diritto processuale civile internazionale
ed alla coeva assunzione delle funzioni di giudice presso la
Corte internazionale di giustizia, gli studi relativi al diritto
processuale civile internazionale hanno costituito un aspetto
preminente dell'attività scientifica di Morelli. La stessa materia,
come è oggi correntemente definita in Italia, riflette il modo
nel quale era stata considerata nella sua trattazione Il
diritto processuale civile internazionale del 1938. Ivi
era svolta per la prima volta in un disegno coerente e completo
un'analisi dei problemi attinenti alla legge applicabile al
processo, alla giurisdizione, all'efficacia extraterritoriale
di atti processuali ed al riconoscimento delle sentenze straniere.
L'opera, che costituisce il coronamento di una serie di studi
relativi ad argomenti specifici, non manca di offrire una ricchezza
di contributi significativi nell'interpretazione di singole
norme e nella ricostruzione di istituti, fra i quali spicca
la configurazione della sentenza di delibazione come sentenza
processuale che "ha per oggetto l'idoneità della sentenza straniera
a spiegare efficacia nell'ordinamento italiano" (p.298). Desta
sopratutto ammirazione la capacità di tracciare un disegno d'assieme
della materia e di mettere limpidamente in luce i collegamenti
tra i vari problemi affrontati, delineando le implicazioni delle
relative soluzioni.
Quest'opera ha notevolmente contribuito all'accrescersi della
fama di Morelli. L'anno dopo la pubblicazione le fu assegnato
il primo Premio Chiovenda. Il concorso vedeva la partecipazione
di opere di diritto processuale di sicuro rilievo. Uno dei
commissari,
Piero Calamandrei, così scrisse a Morelli in proposito: "nel
contribuire col mio voto ad assegnare il premio 'Giuseppe
Chiovenda' al tuo magistrale Trattato, sono stato doppiamente
lieto: non solo perché ho così cooperato a fare onore a un'opera
veramente insigne, ma anche perché mi è sembrato di ritrovare
nelle tue pagine quelle doti di qualità scientifica e di
equilibrio, vorrei dire classico, di cui Giuseppe Chiovenda
è stato a tutti noi indimenticabile maestro. Sicché son
convinto che anch'Egli approverebbe questa nostra scelta,
e si sentirebbe
onorato da
questo premio che è assegnato all'opera tua" (lettera inedita,
datata 3 novembre 1939). Un tema analogo è svolto da Enrico
Tullio Liebman in una lettera concernente anch'essa l'assegnazione
del Premio: "Ne sono felicissimo per te e ... per il Premio
che si inaugura in modo cosi degno! Penso tra l'altro che
ne
sarebbe molto contento anche Giuseppe Chiovenda, che ti contava
tra i suoi più cari discepoli e ti stimava moltissimo" (lettera
inedita, datata 16 novembre 1939).
La nuova codificazione della materia ha indotto Morelli a riesaminarla
in un volume che, pur seguendo l'impostazione della precedente
trattazione, non ne poteva costituire un semplice aggiornamento.
Le modifiche apportate alla normativa erano state infatti numerose
e in certe parti, quale la giurisdizione, assai profonde. L'opera
mantiene quei caratteri di rigore sistematico, completezza e
chiarezza che avevano determinato il successo della precedente
edizione. Nelle parti rispetto alle quali non sono intervenute
ulteriori innovazioni normative il Diritto processuale civile
internazionale, pubblicato nel 1954, costituisce tuttora
la trattazione fondamentale della materia.
6.
La straordinaria attività scientifica di Morelli non poteva
non incidere sulla qualità della lunga opera di docente. Iniziata
ad Urbino quale professore incaricato nel 1927, la sua attività
di insegnamento proseguiva a Modena, dove era stato chiamato
a seguito della vittoria nel concorso a cattedra, sino al 1933
e quindi a Padova sino al 1935, a Napoli sino al 1951 e infine
da quella data a Roma, dove egli aveva trent'anni innanzi compiuto
i propri studi universitari ed era divenuto allievo di Anzilotti.
Nello svolgere la sua attività didattica, sempre con animo sereno,
con scrupolo e con la massima regolarità, egli aveva trasmesso
ai discenti, oltre agli elementi di informazione e agli strumenti
di comprensione della materia, un senso della serietà degli
studi che era di rado comunicato con tale efficacia. Certamente
era anche questa parte del suo insegnamento quella che aveva
attratto coloro che negli anni di Napoli e di Roma egli aveva
ritenuto di indirizzare all'attività scientifica: primi fra
tutti, non solo in ordine di tempo, Gaetano Arangio-Ruiz e Francesco
Capotorti. Anche se manifestava di rado i propri sentimenti,
Morelli era una persona capace di affetti profondi. Aveva un
forte senso della famiglia; era rimasto molto legato al ricordo
dell'ambiente di Crotone, dove era nato (nel 1900) ed era vissuto
sino agli anni dell'Università. Gli erano care le occasioni
di incontro con altri studiosi, in specie le riunioni dell'Accademia
dei Lincei e le sessioni dell'Institut de droit international,
nel quale era stato eletto nel 1950. Aveva stretto rapporti
di amicizia con non pochi studiosi stranieri, dai quali era,
oltre che assai stimato, particolarmente benvoluto: un certo
suo atteggiamento di apparente distacco era venuto attenuandosi
col tempo, anche per il fattivo contributo della sua consorte.
Nella sessione di Santiago de Compostela, il segretario generale
dell'Institut, Nicolas Valticos, ha ricordato Morelli quale
uno dei più eminenti giuristi italiani, " dont la grande science,
la remarquable finesse et l'extrême gentillesse nous l'avaient
fait tellement admirer et aimer ": parole, queste, che chi scrive
sente profondamente vere.
Fra gli affetti di Morelli aveva assunto un posto sempre più
elevato la Rivista. Quanto si riuscirà a fare per proseguire
la sua opera per la Rivista potrà valere anche come un omaggio
alla sua memoria.
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